Santa Maria della Palomba

Il nome di Santa Maria della Palomba deriva chiaramente dalla colomba (simbolo dello spirito santo); secondo alcuni in passato esisteva una colombaia, il che avrebbe dato il nome alla chiesa.

Il santuario e la chiesa rupestre.

L’attuale struttura si presenta come un complesso che riunisce architetture realizzate in tempi differenti; essa si trova a strapiombo sul canyon dove scorre il torrente Gravina. Il sito era uno snodo strategico dell’antica Via Appia e già nel XIII sec. esisteva una chiesa rupestre parte integrante del casale di Cavata, destinato all’estrazione della calcarenite. La cava circostante era molto estesa (si estraevano i blocchi di tufo per costruire chiese e palazzi di Matera) ed è rimasta in funzione fino agli anni ’70.

Fu un miracolo a cambiare le sorti del luogo che nei secoli ha conosciuto momenti di splendore e di oblio (fu anche usato come stalla). Era il 1579 e la tradizione vuole che di fronte all’immagine della Vergine, affrescata nel ‘200 su una parete della chiesa rupestre originaria, avvenne la guarigione di un malato. L’incessante afflusso di pellegrini portò l’anno successivo, per volere del vescovo Sigismondo Saraceno, alla costruzione d’una chiesa in muratura; essa fu completata dopo dieci anni al di sopra della struttura rupestre.

Della chiesa originaria oggi è visibile proprio l’affresco miracoloso. Esso è incastonato nella bella macchina d’altare in pietra leccese e si affaccia sulla navata unica da una finestrella. Accanto alla madonna si intravede una porzione di S. Nicola, segno che l’affresco doveva essere di dimensioni ben maggiori. Si tratta d’una vergine odigitria, ossia colei che mostra la via verso Gesù. Essa è avvolta da un maphorion (manto color porpora), emblema di regalità. Il Cristo benedice con la mano destra, mentre con la sinistra regge una pergamena, allegoria della sapienza; l’aureola è crociata, ad indicare la salvezza mediante la croce.

Santa Maria della Palomba: facciata e interno.

La semplice facciata (1583) fu realizzata in calcarenite (presa probabilmente dalla cava adiacente) riprendendo e rivisitando in chiave rinascimentale lo stile romanico. Ha un campanile a vela e un aspetto sobrio movimentato da lesene, arcate cieche e da un rosone. Sull’architrave del portale sono presenti riquadri con il fuoco (simbolo dello spirito santo), un angelo (al centro), il profilo del vescovo Saraceno, una mitria, un pastorale, un bue (emblema di Matera). Pregevoli le sculture in altorilievo di S. Michele Arcangelo (parte alta) e della Sacra Famiglia.

L’interno è a navata unica con volte a botte e dodici nicchie laterali. Sulla sinistra alcune nicchie sono affrescate (presenza di graffiti), a destra statue di santi attribuite perlopiù a Giulio Persio (partendo dalla controfacciata Santa Barbara, la Madonna con Bambino, Santa Lucia, San Leonardo, San Donato e San Gregorio Magno). Al di sopra delle nicchie 12 medaglioni raffigurano gli apostoli. La cupoletta che illumina il presbiterio è a pianta ottagonale.

Dal presbiterio si accede ad un’ulteriore ala del complesso: un ambiente ipogeo a navata unica, scavato nella roccia alla fine del ‘500 per soddisfare le esigenze del crescente numero di pellegrini. Fra gli affreschi più interessanti (XVII-XVIII) una Strage degli innocenti (con guardie vestite da saraceni). Accanto altri ambienti scavati nella roccia: una neviera, un forno e una dispensa annessa al refettorio dei pellegrini con volta a schiena d’asino; sulla nervatura una croce templare e fossili di conchiglia.

Angelo Traverso